Gioachino Rossini: Messa di Milano – Miserere

Rossini Critical Edition

A cura di Ferdinando Sulla (2021)

Un volume: partitura + commento critico pp. XXI, 223
GR 47

I due brani oggetto dell’Edizione hanno una tradizione testimoniale molto differente: della Messa di Milano è rimasta una partitura autografa; il Miserere si è conservato in copie manoscritte e in un’edizione a stampa (peraltro con un altro titolo e un’altra destinazione). L’Edizione provvede in entrambi i casi a stabilire una gerarchia tra i testimoni e ne individua uno, principale, la cui lezione è di norma prevalente rispetto ad altri, secondari, che entrano nella collazione e (secondo la gerarchia) emendano e integrano la lezione del testimone principale in caso di necessità.

La Messa di Milano possiede la tipica struttura della missa brevis – all’epoca molto in voga – della quale l’ossatura principale è costituita dai primi tre brani previsti dall’Ordinarium Missae: Kyrie, Gloria e Credo, nei quali si alternano pezzi corali e numeri chiusi affidati ai solisti. Il Miserere oltre alla struttura costituita dall’alternanza di cori e numeri chiusi, condivide con la Messa lo stesso organico stru­mentale e vocale (tranne nel caso del contralto).

Nella Messa di Milano sono già rintracciabili elementi musi­cali che ritroveremo sviluppati nella Messa di Gloria e nella Petite messe solennelle per l’uso del fraseggio vocale e per il coinvolgimento emotivo di alcuni momenti. Ancor più evidenti risultano i riferimenti alla produzione teatrale coeva alla Messa, che riconducono ad arie della Cambiale di matrimonio (1810) e dell’Inganno felice, (1812). Similitudini, echi, suggestioni che ben si confanno allo spirito ironico e irriverente del Cigno di Pesaro.

All’interno di questi piccoli capolavori a non mancare, però, sono anche le innocenti ingenuità di un giovane compositore, seppur già riconoscibile nella sua inconfondibile cifra identificativa, alle prese con l’assimilazione dei canoni e delle regole accademiche sostenute da un riverente atteggiamento di rispetto nei confronti di una tradizione sacra ormai consolidata all’inizio del XIX secolo.