Gioachino Rossini: Petite Messe Solennelle

Rossini Critical Edition

A cura di Davide Daolmi (2013)

Versione per Soli, Coro, 2 Pianoforti e Armonium
Un volume: partitura + commento critico pp. XXXI, 192
GR 37
Volume in brossura
NR 141908

Versione per Orchestra
Un volume: partitura + commento critico pp. XXI, 366
GR 38

Testi introduttivi: un volume, pp. 150
GR 39

La Petite messe solenne/le è parte integrante e coronamento dell’ultimo periodo creativo di Rossini, il cui esito musicale è la raccolta da lui stesso intitolata Péchés de vieillesse. La stesura della Petite messe è passata attraverso numerose fasi di cui rimangono una versione per Soli, Coro, Pianoforte, Pianoforte di ripieno e Armonium e una successiva per Soli, Coro, Organo e Orchestra. Lo studio di queste fasi stratificate è determinante per la comprensione di quello che è il lascito di Rossini, al di là della retorica sull’ultima parola del compositore.

A uno stadio avanzato di elaborazione, il 14 marzo 1864 (non meno di due anni dopo l’inizio dell’iter compositivo), la Petite messe solenne/le fu eseguita nella versione da camera in casa del conte Pillet-Will e ivi replicata l’anno successivo. L’esecuzione non esaurì la vicenda creativa: Rossini, infatti, continuò a correggere le carte della versione cameristica in vista dell’orchestrazione (urgenza forse mossa dal successo di quell’esecuzione). Come d’abitudine, lo fece sulla stesura originale, la quale oggi non riflette più lo stato in cui la Messa fu eseguita la prima volta, stato che è comunque sostanzialmente ricostruibile grazie a numerose testimonianze, a una copia preparata in concomitanza con l’esecuzione (la cosiddetta copia Pillet-Will), e a un’analisi delle tracce lasciate dalle varie modifiche sul manoscritto autografo.

Sovrascrivendo le versioni precedenti, Rossini curò la stesura – compresa la limatura del paratesto – nei minimi dettagli, prendendosi tutto il tempo necessario, come quasi mai gli era capitato in precedenza. La versione da camera lasciata alla posterità risulta coerente a quella orchestrale e, pur precedente a questa, si mostra in tutto e per tutto testo autosufficiente. La versione per orchestra, in contrapposizione alla natura privata della stesura originale, sembra invece voler assolvere il ruolo di pubblico contributo, seppur personale, in merito al vivace dibattito di quegli anni intorno al rinnovamento della musica sacra.

L’affiancamento delle due versioni permette di rileggere la Petite messe nella sua complessità, e la ricostruzione del contesto in cui s’inseriscono le fasi di lavoro perfeziona la comprensione del processo compositivo di Rossini.