Arrigo Boito: Mefistofele

Mefistofele

A cura di Antonio Moccia (2023)

NR 142254

La presente Edizione è una prima ricognizione critica del testo del Mefistofele nella versione eseguita a Bologna nel 1875. L’autografo, conservato presso l’Archivio Storico Ricordi, fu vagliato da William Ashbrook nel 1998, all’interno della collana di disposizioni sceniche ripubblicate in facsimile da Ricordi tra il 1990 e il 2002: lo studioso americano, individuando nel manoscritto i diversi tipi di carta e la possibile datazione del loro utilizzo, ha anche evidenziato come esso contenga numerosissime varianti di dettaglio la cui datazione è di difficile accertamento.

Come è noto, la versione del 1875 scaturì da un profondo rimaneggiamento dell’opera che incontrò un catastrofico insuccesso la sera del 5 marzo 1868 al Teatro alla Scala. Per riassumere brevemente quanto si desume dal confronto dei libretti: se il ‘Prologo in cielo’ si avvicinò al suo assetto definitivo forse già nel dicembre del 1871 (eseguito in forma di concerto a Trieste), è con la rappresentazione bolognese del 1875 che l’Atto primo e secondo furono notevolmente accorciati; l’Atto terzo modificato; l’originale Atto quarto e l’Intermezzo sinfonico integralmente soppressi; l’Atto quinto (il quarto della versione 1875) modificato e ampliato con la scena della morte di Faust. È opinione comune che Boito si sforzò di venire a patti con le attese degli ascoltatori dell’epoca, tagliando parti percepite come eccessive lungaggini e introducendo forme chiuse più gradite e consuete presso il grande pubblico. Smorzò di fatto il grande sforzo di innovazione drammaturgica che egli aveva originalmente concepito, guardando soprattutto alle esperienze d’oltralpe. Purtroppo, la partitura del 1868 non è sopravvissuta e il suo autografo fu alterato per trasmettere la versione successiva.

L’edizione e i suoi testimoni
La presente Edizione utilizza una pluralità di testimoni, manoscritti e a stampa. Se è probabile che gli ultimi ritocchi di dettaglio siano riconducibili alla fase finale della vita del compositore, le poche modifiche strutturali alla versione 1875 si concretizzarono nei primi anni, se non mesi, di vita dell’opera. Il Mefistofele è un caso particolare nell’ambito della filologia del teatro musicale ottocentesco, perché pur in presenza dell’autografo, esso non può essere utilizzato come testimone principale. La definizione, sia strutturale sia di dettaglio, del testo, infatti, si è andata consolidando nel corso del tempo. Boito aggiornò per quanto poté l’autografo, tralasciando quasi del tutto le modifiche di informazioni pratico-esecutive, quali metronomi, segni di articolazioni, didascalie sceniche e altri dettagli. Il documento perse subito di autorevolezza in virtù delle modalità di lavoro della Copisteria Ricordi. All’epoca, infatti, dell’autografo veniva realizzata una copia in fascicoli sciolti che diventava il campione da cui i copisti realizzavano gli esemplari manoscritti da noleggiare ai teatri d’opera, con un sistema simile a quello delle pecie medievali. Il campione della Copisteria diventava sin da subito il bacino di raccolta di correzioni e varianti che andavano a trasformare la condizione testuale dell’opera. È altresì evidente che questa modalità di lavoro dell’editore era particolarmente confacente a Boito (ma modalità analoghe si riscontrano in opere giovanili di Franchetti e Puccini, di poco posteriori), che si avvaleva delle esecuzioni per precisare meglio la sua scrittura e per intervenire sugli aspetti che all’ascolto riteneva meno soddisfacenti, portando l’editore a recepire nelle partiture quanto poteva essere utile all’esecuzione.

Dal 1875 fino alla metà degli anni Novanta, il Mefistofele fu quindi diffuso tramite copie manoscritte oggi disperse. Tra il 1894 e il 1896 Ricordi incise una nuova matrice della partitura (numero di catalogo 98100) utilizzando uno degli esemplari dispersi oppure lo stesso campione della Copisteria. Sebbene manoscritta, la nuova matrice era concepita per essere riprodotta meccanicamente. Questa fu poi corretta nel corso dei decenni e un suo particolare esemplare è stato conservato dalla casa editrice, in dotazione all’Ufficio Noleggio, per correggere i materiali già stampati e rilegati: esso si è rivelato utile per cogliere la stratificazione di correzioni e varianti apportate nel tempo sul testo della matrice. Il testimone principale della presente Edizione è una partitura a stampa pubblicata nel 1919 (n. di catalogo 115310), che l’autore, coadiuvato da Mario Smareglia, ebbe modo di supervisionare. L’antigrafo di questa è certamente un esemplare della matrice di fine 800, da cui ha ereditato alcuni errori piuttosto evidenti, ma che in più punti recupera lezioni dell’autografo che erano andate perse nel corso dei decenni, o che erano state accantonate per scelta.

Altri testimoni preziosi si sono rivelate le varie emissioni ed edizioni delle riduzioni a stampa: in particolare, le diverse emissioni della prima riduzione per canto e pianoforte hanno aiutato a collocare nel tempo alcune varianti e precisazioni di dettaglio. In qualche luogo sono state utili le edizioni in altre lingue (quella con il doppio testo italiano-inglese; quella francese; e quelle per pianoforte e per pianoforte a quattro mani). La collazione dei libretti delle prime rappresentazioni è stata ugualmente cruciale per individuare e collocare nel tempo alcune varianti strutturali che hanno interessato in particolare gli Atti secondo e terzo. Il testo del libretto a stampa si stabilizza nel 1881: pubblicato in occasione dell’importante ripresa scaligera, non sarà più modificato dall’editore. Ricca di informazioni si è rivelata, infine, la Disposizione scenica messa in lavorazione dell’editore nel giugno del 1877.

Il Prologo con e senza gli interventi di Toscanini
Nei testimoni rimangono tracce precise di interventi di alcuni interpreti che Boito vagliò e accettò. Ad esempio, un redattore Ricordi segnalò che alcune battute nelle parti di Clarinetto dell’Atto I erano una modifica voluta da Toscanini e accettata dall’autore. Altre modifiche e varianti di dettaglio probabilmente sono ascrivibili a Luigi Mancinelli, che diresse l’opera a Roma nel 1877. La presente Edizione però non include un’ampia serie di riscritture orchestrali che Toscanini operò nel Prologo. Esse sono tramandate da una copia della partitura del solo Prologo conservata nell’Archivio Storico Ricordi. Di questa ‘revisione Toscanini’ non v’è però traccia nella partitura del 1919. Al momento possiamo solo ipotizzare che tali interventi siano posteriori alla morte di Boito, anche se l’impressione è che in realtà siano il frutto della lunga frequentazione di Toscanini con il Mefistofele e in particolare con il Prologo, spesso eseguito in forma di concerto. Il comportamento dell’editore non aiuta a chiarire la questione: infatti, fino alla fine degli anni Novanta del 900, l’Ufficio Noleggio era in grado di fornire sia i set con gli interventi di Toscanini, sia set privi degli stessi. A un dato momento – di difficile individuazione – la Redazione aveva provveduto a creare matrici di stampa specifiche per la ‘revisione Toscanini’, probabilmente ritirando quelle del Prologo senza i suoi interventi. Questa sistemazione potrebbe essere accaduta negli anni Sessanta e comunque dopo la morte del celebre direttore. Di fatto, tutte le principali incisioni discografiche del dopoguerra utilizzano, per il Prologo, solo la ‘versione’ Toscanini. Allo stato attuale delle ricerche non è possibile accertare la volontà di Boito in merito alle varianti in questione. Nella stesura definitiva della presente Edizione, il Prologo con le modifiche di Toscanini verrà incluso tra le Appendici.

Appendici

Nelle Appendici si è raccolto tutto il materiale ricavato dall’autografo e non accolto nell’ultima stesura della partitura. Di queste sezioni non si hanno più materiali di esecuzione. Il curatore ha quindi voluto seguire una linea decisamente più diplomatica nel ricostruire queste sezioni di testo, allo scopo di far emergere quanto l’autografo sia di fatto lacunoso nel tramandare specifiche istruzioni pratico-esecutive.