Giuseppe Verdi: I due Foscari

Verdi Edition

A cura di Andreas Giger (2017)

Un volume: partitura pp. LVIII, 486 + commento critico | NR 140167
Riduzione canto e pianoforte | CP 140170

I due Foscari, la sesta opera verdiana e la seconda su libretto di Francesco Maria Piave, fu rappresentata per la prima volta a Roma, al Teatro Argentina il 3 novembre 1844.

La sua storia editoriale è segnata da una curiosità, seppur non l’unica, che spiega molti dei problemi con le tradizionali partiture disponibili: la versione stampata per la prima volta negli spartiti vocali di Blanchet (rappresentante Ricordi a Parigi) e Cramer & Beale (rappresentanti Ricordi a Londra) precede la versione eseguita alla prima. Quando Verdi arrivò a Roma per le prove, aveva già completato parte dell’orchestrazione, che permise a Ricordi di iniziare ad assegnare i numeri all’incisore quasi tre settimane prima della première. Questi numeri furono inviati anche a Blanchet e a Cramer & Beale, ma mentre Ricordi ha ristampato nella sua partitura vocale alcuni dei passaggi rivisti da Verdi durante le prove, Blanchet e Cramer & Beale non l’hanno fatto.

Nel maggio 1845 Escudier acquisì i diritti per le opere di Verdi in Francia e poco dopo annunciò l’imminente pubblicazione della propria partitura vocale. Come quella di Ricordi, è un misto tra la versione originale e quella aggiornata. A complicare le cose, tre diverse versioni precedenti la première furono pubblicate a Napoli da Cali, Girard e Del Monaco. Questa trasmissione di versioni simili ma distinte per molti aspetti ha influito sulla preparazione dei materiali esecutivi attualmente disponibili; presentano un’opera che per molti versi è meno coerente dell’opera che Verdi intendeva eseguire. Ancora più importante, la partitura disponibile è in parte basata sull’autografo di Verdi (conservato presso l’Archivio Ricordi), in parte sulla partitura vocale originale e in parte su una o più copie manoscritte corrotte, in particolare quelle derivate dalla partitura conservata al Conservatorio di Napoli, che fu copiata presso la bottega Ricordi prima che Verdi avesse completato tutte le revisioni; fu successivamente aggiornata dallo stesso Verdi, poi modificata da almeno un copista di Ricordi, e infine corrotta (con lieto fine) per la rappresentazione del 1845 a Napoli.

L’edizione critica si basa principalmente sull’autografo di Verdi e sulle sue correzioni autografe nell’esemplare napoletano, valutando attentamente, in caso di discrepanze, i rispettivi punti di forza drammatici e fornendo la versione alternativa in una nota a piè di pagina della partitura, nel commento critico, o entrambi. Queste sole fonti hanno già rivelato un numero consistente di problemi con i materiali in circolazione. Ulteriori problemi includono indicazioni sceniche non autentiche (e spesso nel posto sbagliato), segni di articolazione e dinamica senza senso, nonché testo sostituito o censurato.

Le prime partiture vocali pubblicate di Blanchet e Cramer & Beale, che riflettono una fase molto precoce della composizione, aiutano a recuperare le cancellature nell’autografo e ci consentono di risolvere problemi di dinamica e di articolazione (soprattutto istruzioni come pizz. e arco) e di includere istruzioni supplementari per l’esecuzione e indicazioni di scena. Infine, diverse copie manoscritte mostrano modifiche sostanziali apportate per le rappresentazioni al Teatro San Carlo di Napoli nel 1845.

Allo stato attuale non ci è noto sapere se sia sopravvissuto alcun manoscritto del libretto, di mano di Piave o di Verdi. La fonte primaria per il testo vocale, la punteggiatura e le indicazioni di scena è, in primo luogo, la partitura autografa di Verdi, integrata dai suoi aggiornamenti nella partitura napoletana e dalla prima edizione del libretto di Piave, stampata da Ajani a Roma prima della première del novembre 1844.