Giuseppe Verdi: Il corsaro

Verdi Edition

A cura di Elizabeth Hudson (1998)

Due volumi: partitura pp. LIV, 389 + commento critico
NR 136994
Riduzione canto e piano
CP 136997

Questa edizione de Il corsaro, come quasi tutti i titoli di questa serie in edizione critica, utilizza come fonte principale la partitura autografa del compositore, un manoscritto conservato negli archivi di Casa Ricordi. Anche a causa del fatto che l’opera uscì dal repertorio alla fine degli anni Cinquanta del XIX secolo, non fu preparata alcuna partitura orchestrale a stampa durante la vita di Verdi, né (cosa forse più sorprendente) ne emerse una sulla scia del modesto revival dell’opera nel dopoguerra. La “tradizione esecutiva” dell’opera, così com’è, si è quindi basata per la maggior parte su varie copie manoscritte realizzate senza l’autorizzazione del compositore e senza tener conto delle sue intenzioni. Queste fonti erano in gran parte accurate per quanto riguarda il tessuto di base dell’opera – ad esempio per quanto riguarda le altezze vocali e la struttura armonica – ma sotto un aspetto importante avevano urgente bisogno di una revisione per l’esecuzione moderna.

Il punto in questione riguarda la grande quantità di istruzioni per l’esecuzione che Verdi ha lasciato nella sua partitura orchestrale, dettagli che vanno dalle dinamiche alle legature strumentali e vocali fino alla disposizione delle indicazioni sceniche per i cantanti. A prima vista, queste indicazioni potrebbero sembrare un aspetto marginale di qualsiasi revisione, ma in realtà costituiscono la differenza più profonda e più radicale tra la nuova edizione e le partiture precedenti de Il corsaro. Il problema nasce dal fatto che Verdi, scrivendo per condizioni in cui c’era una profonda comprensione dello stile contemporaneo, spesso non era completo nell’uso delle indicazioni esecutive: poteva fare affidamento sugli esecutori e sui copisti per dedurre le sue intenzioni dalla musica. In alcuni casi, ad esempio per quanto riguarda i segni dinamici, è di solito abbastanza facile per i curatori moderni arrivare a un’interpretazione soddisfacente delle intenzioni del compositore (anche se gli ascoltatori attenti dell’Edizione Critica troveranno alcune differenze sorprendenti rispetto alla vecchia versione, in cui le dinamiche erano spesso esagerate o fraintese). Il caso delle legature vocali e strumentali incoerenti è molto più complesso, poiché si tratta di un ambito in cui la nostra percezione di ciò che è “musicale” può portarci a preferire certi tipi di fraseggio rispetto ad altri. Le copie manoscritte de Il corsaro sono, in questo senso, chiaramente una “interpretazione” piuttosto che un tentativo di capire con precisione il significato delle legature verdiane. Le legature strumentali e vocali di Verdi sono costantemente allungate, e spesso ne vengono aggiunte di nuove senza alcuna evidenza nell’autografo. L’effetto di fondo è quello di incoraggiare uno stile esecutivo molto più morbido e legato di quello suggerito dalle legature verdiane.

Non è necessario difendere la posizione dell’edizione nel sostenere le indicazioni di Verdi; vedere (ed eventualmente ascoltare) Il corsaro senza il suo presunto manto di indicazioni esecutive aggiunte è la sua stessa giustificazione. L’opera è liberata dagli ideali estetici di un’altra epoca e può gioire della sua ritrovata chiarezza di voce. Naturalmente, siamo solo all’inizio di questo particolare percorso; il proseguimento del lavoro sull’edizione stimolerà inevitabilmente ulteriori ricerche sulla prassi esecutiva verdiana, sia vocale che strumentale; si tratta di un settore di cui, paradossalmente, sappiamo molto meno rispetto al più “lontano” Settecento. Ma almeno i testi saranno disponibili e gli interpreti potranno riflettere sulla natura precisa delle intenzioni scritte da Verdi.

L’edizione critica de Il corsaro è quindi soprattutto un’operazione di recupero, per restituire a interpreti, studiosi e ascoltatori la possibilità di giudicare Verdi nel merito della sua principale eredità. Se in alcuni punti si è costretti a mettere in discussione opinioni di lunga data sulla “tradizione” verdiana, questo sembra un prezzo necessario da pagare. Anche un’opera poco conosciuta come Il corsaro è costantemente sottoposta a un sottile processo di cambiamento, di reinterpretazione per adattarsi alle esigenze di ogni epoca. L’edizione critica non cerca di arrestare questo processo, ma si limita a dimostrare dove esso è iniziato: nelle note e nei segni che Verdi scrisse quando diede vita alla sua opera.