Giuseppe Verdi: Il trovatore

Verdi Edition

A cura di David Lawton (1992)

Due volumi: partitura pp. LXXV, 460 + commento critico | NR 136180
Riduzione canto e piano | CP 136183
Partitura da studio (edizione in brossura) | NR 141463
Riduzione canto e piano (Practical Series – breve introduzione, senza note critiche) | CP 141355

La fonte principale per questa edizione critica è la partitura autografa. È abbastanza noto che il metodo abituale di lavoro di Verdi fosse quello di approntare un abbozzo generale della partitura che comprendeva le linee vocali, quelle del basso e le battute inziali orchestrate delle parti strumentali. Questa partitura, che riflette lo stato nascente dell’opera, viene generalmente definita partitura scheletro. In un secondo momento, quando cioè tutta la fisionomia dell’opera era definita, Verdi procedeva all’orchestrazione, e apportava poi rifiniture e modifiche anche durante le prove per la rappresentazione.

Dopo averne fatto preparare una copia, Ricordi rimandò l’autografo a Verdi perché il compositore potesse usarla per le prove della prima, a Roma, al Teatro Apollo del 19 gennaio 1853; prove durante le quali Verdi apportò numerose modifiche sia nelle parti vocali che nell’orchestrazione. Sulla base della sua copia, già qualche mese prima della première romana, Ricordi iniziò a far preparare la riduzione per canto e piano di numeri separati, per poi raggrupparli in una edizione completa a stampa del canto e piano nell’agosto dello stesso anno. Da quell’edizione a stampa, come dalla partitura a stampa pubblicata nel 1888, furono derivate tutte le edizioni ulteriori, ma esse non registrano le modifiche che Verdi apportò sull’autografo durante le prove per Roma.

La partitura autografa de Il trovatore, presenta infatti una serie di interventi realizzati in momenti successivi, e permette di studiare in modo dettagliato le varie fasi del processo compositivo di Verdi, e dunque di motivare fondatamente tutte le modifiche registrate nell’ edizione critica.

Molti di questi interventi sono stati identificati sull’autografo grazie al diverso colore dell’inchiostro. Alcune modifiche, in un inchiostro marrone molto chiaro, furono probabilmente introdotte mentre il compositore stava correggendo la partitura; alcune riguardano elementi di dettaglio, come la semplice aggiunta di alterazioni precauzionali; altre, presentano notevole interesse musicale, come la sostituzione di note nella parte di flauto nella Scena e Terzetto (N. 10), sostituzione apportata da Verdi per evitare problemi nella condotta delle parti. Altro caso ancora, ben più sorprendente, è costituito dalla modifica apportata nel Finale Ultimo (N.14), alla batt. 222: Verdi alterò l’armonia negli archi da Sol maggiore a Mi minore, una revisione di grande efficacia pubblicata qui per la prima volta.

Le correzioni in inchiostro blu intenso, riflettono con ogni probabilità gli interventi fatti all’ultimo momento durante le prove, ed interessano quasi esclusivamente le parti vocali, come il cambio di declamazione del testo nella parte di Manrico al N. 12 (Scena e Aria Leonora) o le modifiche del ritmo al N. 13 (Scena e Duetto).

L’Appendice contiene un arrangiamento per complesso di fiati della parte di organo contenuta nel tempo di mezzo dell’Aria di Manrico (N. 11). L’arrangiamento – sebbene non di mano di Verdi – si trova rilegato nel terzo volume della partitura autografa, col titolo «Armonia nel Trovatore». Esso si configura così come un’autorevole variante offerta a quei teatri che non abbiano a disposizione un organo per l’esecuzione di questo brano.

L’edizione critica rispecchia insomma le decisioni finali di Verdi, ed è, pertanto, la versione interamente fedele alle più meditate intenzioni del compositore.

L'edizione critica dispone anche di una versione a noleggio per orchestra ridotta, a cura di Enrico Minaglia, all'interno della collana OperaLite (NR 142487).