Giuseppe Verdi: Jérusalem

Verdi Edition

A cura di Jürgen Selk (2017)

NR 141581

Jérusalem fu il primo ‘grand opéra’ di Giuseppe Verdi: aveva ricevuto il suo primo invito a Parigi nel 1845, ma vari impegni in Italia gli impedirono di perseguire la prospettiva di comporre per il palcoscenico francese, finché, nel 1847, non stipulò finalmente un contratto per fornire un’opera, con l’obiettivo di metterla in scena nella stagione autunnale dello stesso anno (26 novembre 1847).

L’edizione critica di Jérusalem rivaluta i meriti di quest’opera presentando, per la prima volta, una partitura preparata in modo erudito, secondo tutti i rigori della metodologia editoriale che si addicono a un’opera di notevole importanza artistica e storico-musicale.

Finora una partitura di Jérusalem non è mai stata pubblicata. Le esecuzioni moderne si sono affidate a partiture a noleggio, in riproduzioni di copie manoscritte del XX secolo prodotte da Ricordi. Pur essendo preparate professionalmente, queste partiture a noleggio non hanno fornito dettagli editoriali che trasmettano la natura della fonte originale da cui sono state ricavate; gli utenti di queste partiture a noleggio hanno dovuto accettare la rappresentazione dell’opera al valore nominale, senza poter valutare criticamente la plausibilità delle scelte notazionali fatte nell’assemblaggio dei materiali. Lo scopo della nuova edizione critica è quello di affrontare questa negligenza presentando una partitura rigorosamente fedele al manoscritto superstite di Verdi e valutando criticamente le incongruenze, le lacune o i veri e propri errori, al fine di fornire agli studiosi e agli interpreti un resoconto filologico ed editoriale completo.

La fonte principale dell’edizione critica è la partitura autografa di Verdi. Essa risiede presso la Bibliothèque nationale de France. La partitura è rilegata in due volumi; il secondo volume presenta una realizzazione non autografa di 39 pagine della riduzione verdiana a due righi della banda in scena all’interno delle Marche del secondo atto. La notazione di una partitura scheletrica per una banda in scena era uno standard, così come la strumentazione non autografa di tali bande. Mentre l’edizione critica rappresenta la notazione della banda all’interno della partitura così come Verdi l’ha scritta, essa rappresenterà anche la realizzazione della banda così come appare nel volume 2 all’interno dell’Appendice. Sembra molto probabile, infatti, che questa realizzazione sia stata quella utilizzata alla prima dell’opera nel 1847.

Come in altri autografi verdiani, la partitura autografa di Jérusalem è notevolmente priva di errori di notazione. La notazione di Verdi è chiara ed efficace. Come era sua abitudine, le indicazioni dinamiche sono spesso collocate tra i pentagrammi per indicare l’applicabilità a entrambi i pentagrammi (questo, come sempre, vale soprattutto per gli strumenti della stessa famiglia, come i corni francesi). Verdi fece un uso frequente di stenografie. In accordo con le linee guida editoriali di The Works of Giuseppe Verdi, co-pubblicato da The University of Chicago Press e Ricordi, l’edizione critica rappresenta sempre tali stenografie scritte per intero; l’unica eccezione è rappresentata dai segni di ripetizione all’interno del balletto del terzo atto, ritenuti di significato strutturale e quindi mantenuti nell’edizione.

In conclusione, la nuova edizione critica fornisce il testo più autorevole della Jérusalem di Verdi e permette una rivalutazione dell’opera sia da parte degli studiosi che degli interpreti. Se confrontata con la moderna partitura a noleggio, l’edizione critica riflette migliaia di revisioni, modifiche, cancellazioni e aggiunte, elimina le libertà editoriali e mira a rappresentare una partitura il più possibile fedele a quella autografa di Verdi.