Giuseppe Verdi: Luisa Miller

Verdi Edition

A cura di Jeffrey Kallberg (1991)

Due volumi: partitura pp. LXIV, 480 + commento critico
NR 134606
Riduzione canto e piano
CP 134605

Perché una nuova edizione della Luisa Miller? La decisione di Verdi di comporre Luisa Miller, un’opera basata sulla storia di conflitti e tragedie borghesi di Schiller, Kabale und Liebe (Amore e raggiro), può essere ricondotta a una scena di intrighi e drammi umani.

Nell’agosto del 1848, Verdi scrisse da Parigi per annullare l’accordo preso nel 1845 di scrivere un’opera per il Teatro San Carlo. La direzione di Napoli, tuttavia, non ne volle sapere. Non potendo fare pressione sul lontano Verdi, si rivolsero al suo librettista napoletano, Salvatore Cammarano, minacciandolo di richieste di risarcimento danni e di imprigionamento se non avesse pagato. Cammarano, padre di sei figli, scrisse disperatamente a Verdi, implorandolo di rivedere la sua decisione. Verdi acconsentì in modo burbero. Risparmiata la prigionia, Cammarano si mise al lavoro per trovare un soggetto per l’opera, e nell’aprile del 1849 si dedicò finalmente al dramma di Schiller.

Il compositore e il librettista si scambiarono una fitta corrispondenza su questo argomento durante la primavera e l’estate del 1849. Questi due consumati artigiani del teatro si confrontarono su innumerevoli dettagli di intento drammatico e musicale. Ma, soprattutto, la loro corrispondenza rivela che Verdi compose la maggior parte della musica – circa 640 pagine manoscritte! – nell’arco di sole sei settimane, dalla metà di agosto all’inizio di ottobre. La strumentazione dell’opera avvenne in un tempo ancora più breve, nel mese compreso tra i primi di novembre (quando Verdi arrivò a Napoli) e l’8 dicembre (quando l’opera ebbe la sua prima).

Il breve periodo di tempo a disposizione per completare la partitura significava che, in molti casi, Verdi non poteva occuparsi di ogni dettaglio del tessuto orchestrale, piuttosto solo di effetti di ampio respiro. Molti aspetti della partitura erano lasciati aperti all’interpretazione. Per questo motivo, quando le copie del manoscritto verdiano furono realizzate dal teatro e quando fu preparata una partitura vocale dall’autografo (attività che Verdi non supervisionò), inevitabilmente cominciarono a proliferare errori e letture errate. Questo stato di cose non fece che peggiorare nelle edizioni preparate per il resto dell’Ottocento e nel Novecento. Tutte queste edizioni introdussero molti errori di intonazione, ritmo, strumentazione, fraseggio, dinamica e così via. Ancora più comunemente, queste partiture successive distorsero le idiosincrasie della notazione verdiana, di solito capitolando a una nozione errata di “prassi standard”.

Il compito principale della nuova edizione della Luisa Miller è quello di fornire letture il più possibile vicine alle intenzioni originali di Verdi e, quando queste intenzioni non sono assolutamente chiare, di proporne interpretazioni coerenti (il tutto permettendo all’esecutore che legge la partitura di percepire – grazie a un sistema di differenziazione tipografica – sia il testo originale di Verdi, sia il lavoro editoriale svolto su di esso). L’adempimento di questi compiti richiedeva aggiustamenti o rivalutazioni in ogni pagina dell’opera.

L’edizione discute anche questioni legate a problemi di strumentazione, con particolare attenzione alle parti di cimbasso, timpani e gran cassa. A differenza delle versioni correnti, l’edizione suggerisce all’esecutore moderno come risolvere alcune incongruenze nella scrittura dei timpani dettate dalle caratteristiche fisiche degli strumenti ottocenteschi e dalle loro tecniche d’esecuzione; consiglia quale strumento moderno impiegare in luogo dell’oggi desueto cimbasso; discute infine l’ipotesi di impiegare o omettere la gran cassa dalla Sinfonia. Tutte le soluzioni proposte trovano il proprio fondamento sia in studi di prassi esecutiva storicamente informata, sia nella diretta analisi delle fonti.

Per l’ascoltatore, infine, la nuova edizione permette di ascoltare la Luisa Miller così come Verdi l’ha scritta, senza le aggiunte e le alterazioni di mani successive. L’esperienza è simile alla visione di un dipinto restaurato di un vecchio maestro: l’immagine complessiva rimane familiare, ma i dettagli emergono con maggiore chiarezza. Ogni momento della partitura è potenzialmente foriero di rivelazioni simili. È quindi evidente la necessità della nuova edizione critica dell’opera, che per la prima volta presenta al pubblico una versione completa e accurata di Luisa Miller.