Giuseppe Verdi: Stiffelio

Verdi Edition

A cura di Kathleen Kuzmick Hansell (2003)

Due volumi: partitura pp. XC, 423 + commento critico
NR 136090
Riduzione canto e piano
CP 136093

L’edizione critica di Stiffelio ripristina la versione originaria messa a punto da Verdi recuperando per la prima volta sezioni della partitura autografa ritenute disperse, e ricollocando quella cospicua parte confluita in Aroldo, opera andata poi in scena per la prima volta a Rimini, il 16 agosto 1857. Questa edizione è pertanto l’unica esistente basata su fonti primarie.

Negli anni Sessanta, in seguito al ritrovamento di due copie della partitura alla Biblioteca del Conservatorio di Napoli, un rinnovato interesse per Stiffelio diede luogo in tempi diversi a due edizioni, nessuna delle quali tuttavia utilizzò le sezioni autografe dello Stiffelio presenti nella partitura dell’Aroldo. Soltanto una rappresentazione alla Delaware Opera curata e diretta dallo studioso verdiano David Lawton, ha utilizzato questa fonte insostituibile, ma tuttavia ha dovuto ancora fare affidamento ad una fonte secondaria per circa la metà dei numeri vocali. La svolta decisiva si è avuta nel febbraio del 1992, col ritrovamento, nella biblioteca privata degli eredi del compositore a Sant’Agata, di quasi tutte le sezioni mancanti della partitura autografa. Oltre a ciò, la stessa cartella conteneva anche dodici fascicoli di schizzi di Verdi e frammenti scartati di «partitura scheletro» per Stiffelio, e ancora, quattro fascicoli di schizzi per Aroldo.

È stato così possibile rimontare quasi integralmente la partitura autografa, tranne la Preghiera e il Finale Ultimo, per i quali la disponibilità degli schizzi di Verdi ha permesso una fedele ricostruzione. Gli schizzi sono particolarmente importanti per il testo vocale, soprattutto quello del Finale Ultimo, poiché l’unica versione completamente non censurata appare nel cosiddetto «abbozzo continuativo» del N. 10. Gli schizzi sono serviti anche come fonte ausiliaria per decifrare quelle parti di Stiffelio che il compositore ha riscritto nell’autografo di Aroldo. Poiché l’ordine dei ventotto fascicoli di materiale per Stiffelio a S. Agata non rappresenta sempre il loro stato originale (sezioni della partitura sono state ritrovate fra gli schizzi per Stiffelio e Aroldo) la ricostruzione ha richiesto necessariamente un notevole lavoro investigativo.

L’autografo dello Stiffelio contiene un buon numero di aggiunte annotate con una matita colorata durante le prove della prima rappresentazione. Esse includono indicazioni di tempo, di dinamica, di pizzicato ed arco, accidenti, accenti, legature e talvolta cambiamenti di note. L’edizione critica prende in considerazione tutte queste indicazioni e le descrive e discute nelle Note Critiche.