Gaetano Donizetti: Il furioso all’isola di San Domingo

Donizetti Critical Edition

Edited by Eleonora Di Cintio (2025)

One volume: full score + critical commentary
NR 142837

Nel 1882, ricordando i fasti musicali scaligeri di quarant’anni prima, Antonio Ghislanzoni annoverava Il furioso all’isola di San Domingo come una delle opere liriche di maggior successo all’epoca (A. Ghislanzoni, In chiave di baritono, Milano, Brigola, 1882). Effettivamente, pochissimo tempo dopo la sua première al Teatro Valle di Roma il 2 gennaio 1833, Il furioso diventò uno dei melodrammi più fortunati di Gaetano Donizetti, capace di riempire teatri grandi, minori e minimi in Europa e oltreoceano, fino a circa la metà del diciannovesimo secolo.

Con l’amico Jacopo Ferretti, autorità librettistica romana nei primi decenni dell’Ottocento, Donizetti decise di onorare il contratto stipulato con l’impresario Giovanni Paterni rivolgendosi alle vicende di Cardenio pazzo per amore narrate da Miguel de Cervantes nel Don Chisciotte: un soggetto che a inizio secolo era stato variamente declinato in diversi drammi di parola che andarono diffondendosi soprattutto nel centro-sud Italia. Nelle mani di Ferretti e Donizetti Il furioso diventò un melodramma semiserio, che mescola cioè una componente tragica incarnata dal protagonista Cardenio, una comica, per non dire grottesca in capo allo schiavo Kaidamà e un’altra «mezza forte e mezza acquarella» (parole di Donizetti) propria di Eleonora e, in misura variabile, degli altri personaggi.

Il Valle era un teatro modesto: non la sala più grande dell’Urbe, né quella con la migliore orchestra, o la migliore compagnia di cantanti. Eppure, con i mezzi che ebbero a disposizione, Ferretti e Donizetti crearono un’opera straordinariamente equilibrata, dotata di un’inarrestabile energia interna, articolata su una musica che sfoggia una sorprendente disinvoltura nel passare dal tono brillante a quello malinconico, in una serie di soluzioni formali almeno parzialmente irregolari, plasmate sull’imprevedibile condotta di Cardenio e di tutti coloro che per certi versi impazziscono con lui.

A partire dalla partitura autografa di Donizetti, l’edizione critica del Furioso all’isola di San Domingo rende l’opera nella forma virtualmente più vicina a quella eseguita in occasione della première romana. Nel testo principale l’edizione include altresì una serie di varianti vocali tramandate dalla riduzione per canto e pianoforte pubblicata da Ricordi nel corso del 1833 e nella cui preparazione Donizetti ebbe parte attiva.

Nel primo gruppo di appendici rientrano poi alcune modifiche legate al primo ciclo di recite del Furioso: il pezzo strumentale iniziale in due movimenti – nelle fonti detto Sinfonia – che Donizetti aveva preparato in vista della première, ma cui dovette rinunciare poco tempo prima di andare in scena per ragioni di ordine pratico; il recitativo semplice tra Bartolomeo e Kaidamà che segue il duetto tra Eleonora e Cardenio nell’Atto Secondo, decisamente più lungo di quello tramandato dalla partitura autografa, che il musicista dovette rielaborare nel corso delle prime rappresentazioni.

Immediatamente dopo la sua prima apparizione Il furioso attirò le mire di una serie di editori milanesi che scatenarono una feroce guerra commerciale per accaparrarsi la partitura donizettiana. La lotta fu senza esclusione di colpi e coinvolse anche qualche copista “pirata”. Uno di essi dovette approntare una copia non autorizzata e verosimilmente incompleta del Furioso, che approdò al Teatro Carignano di Torino alla fine dell’estate 1833. Nella città sabauda il testo venne rimaneggiato da terzi e utilizzato per un allestimento che generò fanatismo. Un paio di mesi più tardi una copia derivata da quella torinese giunse a Milano, dove Donizetti si trovava di passaggio e dove venne “attrappato” (parola sua) dall’allora impresario del Teatro alla Scala Teodoro Gottardi per supervisionare l’allestimento del Furioso in programma per la stagione d’autunno.

La piazza meneghina deteneva un’importanza cruciale nello scacchiere operistico europeo dei primi anni Trenta. Un buon successo alla Scala avrebbe potuto spalancare al Furioso e al suo autore le porte del Continente. Così Donizetti fece buon viso a cattivo gioco e, con la partitura che si trovò tra le mani in teatro, «accozzò» (di nuovo parola sua): aggiustò cioè quanto poté aggiustare, tollerando la presenza di musica non sua; accolse varie proposte di interpolazioni di arie che gli giunsero dai cantanti scritturati per l’occasione.

Il secondo gruppo di appendici dell’edizione critica del Furioso all’isola di San Domingo raccoglie le modifiche relative alla produzione scaligera sorvegliata da Donizetti, che è stato possibile ricostruire sulla base delle fonti superstiti: un breve brano strumentale aggiunto prima dell’aria di Fernando nel Primo Atto, la sezione, completamente modificata, che segue il Duetto tra Eleonora e Cardenio nel Secondo Atto e l’unica aria sostituita di cui si conservi traccia: “Nel piacer di questo dì”, che Eugenia Tadolini, interprete di Eleonora, cantò al posto del rondò finale “Se pietoso d’un obblio”.

Già prima di essere incluso nel Furioso il pezzo – scritto da Donizetti verso la fine degli anni Venti in un contesto non meglio precisato – era uno dei morceau favori di una schiera di cantanti allora attive in Italia. Una di esse, Caroline Ungher lo inserì all’interno di un allestimento dei Pazzi per progetto cui prese parte a Roma nel 1831. A seguito di quella produzione un editore locale, la Litografia delle Belle Arti, pubblicò una riduzione per canto e pianoforte dell’aria corredata dalle variazioni della stessa Ungher: l’edizione le ha recuperate e le propone in appendice, ritenendole una testimonianza autorevole della prassi vocale dell’epoca spendibile anche per Il furioso.