Antonio Vivaldi: La Dorilla RV 709

Vivaldi Hardbound

A cura di Ivano Bettin

Due volumi: partitura pp. XXII, 259 / Introduzione e commento critico pp. 124 [testi in italiano e inglese]
PR 1454
Riduzione canto e pianoforte
CP 141956

[Estratto dall'Introduzione]

Per la determinazione del testo letterario e musicale della Dorilla, RV 709 (Venezia, 1734) l’Edizione si è avvalsa della partitura in parte autografa di Vivaldi (A) conservata presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (Foà 39) e del libretto della rappresentazione del 1734 (L) dal quale sono stati tratti la punteggiatura e le didascalie sceniche mancanti o lacunose nel testimone musicale.

A – Manoscritto in formato orizzontale (dimensioni massime 228 × 315 mm ca) costituito da 295 cc. con cartulazione moderna nell’angolo superiore destro nel recto di ogni carta. La partitura della Dorilla occupa le cc. 142-295 ed e preceduta da quella dell’Olimpiade, RV 725, alle cc. 1-140. Tra le due opere in fase di rilegatura e stata inserita una carta di separazione (c. 141) a mo’ di frontespizio recante il seguente testo:

La Dorilla | Atti tre, con Sinfonia, e Cori cantono [sic], e ballano | Musica di D. Ant.o Vivaldi | cantata nel Teatro di S. Angelo in Inverno 1734.

Sotto, al centro, timbro tondo recante scritta circolare «Biblioteca Nazionale di Torino». In capo alla prima pagina di musica (c. 142r), al centro, l’annotazione di pugno di Vivaldi: «La Dorilla»; a sinistra, di nuovo, il timbro della biblioteca.

Varie caratteristiche della partitura conservata in Foa 39 suggeriscono che Vivaldi abbia avuto un ruolo decisamente attivo nel processo di restyling che ha investito l’opera dopo la première del 1726 e ci restituiscono l’immagine del compositore seduto al fianco del librettista o del revisore del testo a decidere tagli e a fare ipotesi su quali arie sarebbe stato più opportuno sostituire. Con tutta probabilità Vivaldi smembrò il manoscritto realizzato in occasione della rappresentazione del 1726 (era sua abitudine archiviare le partiture delle sue opere una volta conclusa la stagione di rappresentazione), ne modificò – generalmente abbreviandoli – alcuni recitativi e sostituì diverse arie con altre di compositori stilisticamente a lui vicini, e maggiormente in voga in quegli anni, delle quali si era procurato copia della partitura. Sostengono tale ipotesi l’alternarsi di pagine autografe con altre vergate da copisti, la fascicolazione irregolare e in qualche caso ripetitiva, le numerose carte bianche presenti tra le sezioni, le cadenze di alcuni recitativi cancellate e riscritte in una tonalità adeguata all’aria seguente nel caso in cui ci sia stata una sostituzione e diverse didascalie indicanti numeri chiusi presenti nella versione del 1726 ed espunte da quella del 1734 cassate con ampi tratti a penna.

L – Libretto stampato a Venezia da Giuseppe Bettinelli in occasione dell’allestimento della Dorilla al Teatro Sant’Angelo nella stagione di Carnevale del 1734. Le pagine preliminari non contengono alcuna dedica e tacciono sia il nome del compositore sia quello dell’autore del testo poetico. In coda al libretto (p. 45) è pubblicato un annuncio dell’editore riguardante la pubblicazione dei primi tre volumi delle Opere drammatiche di Metastasio. L’esemplare sul quale è stata condotta l’Edizione è conservato presso la Biblioteca di Studi Teatrali di Casa Goldoni, Venezia (segnatura 59 A 126/7). 

Commento sulle scelte del curatore

I recitativi della partitura manoscritta della Dorilla sono caratterizzati dalla presenza sporadica di alcune note senza gambo poste in prossimità della nota reale, in particolare negli interventi del personaggio eponimo e, più raramente, in quelli di Filindo, Admeto, Nomio ed Eudamia. Tale pratica ricorre anche nella partitura dell’Olimpiade limitatamente alla parte di Aminta. Nella Dorilla generalmente si tratta di interventi che abbassano il gesto melodico quando questo insiste nella regione più acuta, oppure che rendono più agevole per l’emissione vocale l’attacco o lo stesso profilo del gesto. È possibile che Vivaldi abbia considerato utile appuntarsi tali varianti la cui genesi è ri conducibile verosimilmente alla collaborazione con i cantanti. L’Edizione pone tali note in un rigo sup plementare collocato al di sopra di quello principale.

Nelle parti di Dorilla, Nomio ed Eudamia si riscontra l’uso di chiavi differenti tra i recitativi e le arie del medesimo personaggio. Nel dettaglio, i recitativi di Dorilla sono notati in chiave di soprano nonostante la cantante che nel 1734 ne vestì i panni, Anna Caterina della Parte, fosse un contralto, mentre le arie, ad eccezione di Il povero mio core, notata in soprano, hanno la chiave di contralto; i recitativi di Nomio hanno la chiave di soprano e le arie quella di contralto (la cantante era il soprano Angela Zanucchi); infine i recitativi di Eudamia sono in chiave di soprano e le arie in quella di contralto (l’interprete, Marta Arrigoni, era un contralto). Tali discrepanze si rintracciano anche nella partitura dell’Olimpiade, andata in scena il 17 febbraio 1734 nella stessa stagione, a meno di un mese di distanza della Dorilla e con il medesimo cast, nella quale le parti di Argene (ruolo interpretato dal contralto Arrigoni) sono notate in chiave di soprano. Tuttavia, il fatto che, a prescindere dalla chiave impiegata, il range vocale degli interpreti resti sostanzialmente immutato (coincidente pressappoco con il moderno mezzosoprano) rende lecito supporre che l’utilizzo di chiavi diverse per le parti dello stesso personaggio sia dovuto esclusivamente a ragioni di economia e comodità della copiatura musicale.

Considerando che nei testimoni sette-ottocenteschi non esiste una maniera codificata di indicare le terzine e che il manoscritto vivaldiano è costituito da carte redatte da varie mani con usi scrittori differenti, nella difficoltà di valutare se la legatura abbia solo uno scopo di raggruppamento e non anche di articolazione, l’Edizione sceglie di mantenere la grafia originale, conservando ed estendendo in maniera sistematica le legature sia sopra sia sotto il numero di raggruppamento.

Nel finale del secondo atto la partitura offre un rimando che non si esplicita in un testo musicale scritto per esteso. Ci riferiamo all’indicazione «Qui si fà la Caccia» posta a c. 256v dopo il coro Alla caccia ognuno presti cui non segue il testo musicale del caratteristico brano strumentale, bensì il coro Viva Nomio e ’l suo valor (II.12). Dopo questo coro, l’atto si chiude con un invito alla danza, se prestiamo fede a quanto si legge nel libretto (ma non in A): «Segue Ballo de’ Cacciatori».

Per quanto riguarda «la Caccia», si possono avan - zare diverse ipotesi: Vivaldi potrebbe aver contato sull’intervento di una fanfara ad libitum suonata dai cornisti, sia in orchestra sia in scena; o su un pezzo di baule del ballerino; o, ancora, sull’esecuzione estemporanea di un brano di repertorio ben conosciuto agli interpreti e, quindi, agli ascoltatori; oppure potrebbe aver previsto la ripresa solo strumentale, ad esempio, del coro iniziale della scena nona. Di certo tuttavia, la possibilità che Vivaldi abbia sfruttato la fortuna dell’Op. VIII anche in questa occasione è ipotesi non astrusa se si pensa al materiale musicale offerto dal primo e dal terzo movimento del concerto L’autunno, RV 293, o dallo stesso concerto La caccia, RV 362, il decimo della raccolta pubblicata nel 1725 da Le Cène.

Per il ballo finale dei cacciatori, invece, è possibile pensare a una riproposizione della «Sinfonia al Ballo» che segue il recitativo di apertura di questa stessa scena. Del resto, in modo simile è realizzato il ballo dei pastori che chiude l’atto primo.


Elenco delle arie

Atto I
Coro, Senti quell’usignuolo
Coro, Ride il colle e ride il prato
Elmiro, Mi lusinga il dolce affetto
Dorilla, La speranza ch’in me sento
Admeto, Dall’orrido soggiorno
Nomio, Se al mio ben rivolgo il ciglio
Elmiro, Saprò ben con petto forte
Eudamia, Al mio amore il tuo risponda
Filindo, Rete, lacci e strali adopra
Coro, Ogni cuor grato si mostri

Atto II
Dorilla, Come l’onde in mezzo al mare
Elmiro, Vorrei dai lacci sciogliere
Admeto, Se ostinata a me resisti
Dorilla, Se amarti non poss’io
Nomio, Bel piacer saria d’un core
Eudamia, Arsa da rai cocenti
Filindo, Non vo’ che un infedele

Atto III
Filindo, Col piacer del tuo commando
Dorilla, Il povero mio core
Eudamia, Più non vo’ mirar quel volto
Elmiro, Non ha più pace il cor amante