News

Francesconi: Quartett ritorna negli States

Francesconi: Quartett ritorna negli States

Dopo la prima americana, avvenuta lo scorso anno al Festival di Spoleto USA, Quartett di Luca Francesconi ritorna negli Stati Uniti. Questa volta sulla costa occidentale e con una nuova produzione (la quinta). Infatti l’11 agosto (repliche il 16 e 19) sarà a Richmond (Baia di San Francisco), al festival estivo della West Edge Opera, la produzione che vede Hadleigh Adams nei panni del Vicomte de Valmont e Heather Buck in quelli della Marquise de Merteuil, è della regista Elkhanah Pulitzer. L’orchestra è diretta da John Kennedy. 
Rivolgiamo alla regista e al direttore alcune domande.


Mrs Pulitzer, questa di Richmond è la quinta produzione. Vari registi si sono cimentati, a partire dalla Fura dels Baus che ha realizzato la prima assoluta.  Non è molto frequente che un’opera di oggi venga così tanto ripresa. Cosa è secondo lei, oltre alla musica, che rende questa opera così interessante: forse la tematica?  
Il fatto che l’opera sia stata proposta così spesso penso sia indice di quanto il suo tema sia risonante e puntuale.  Stiamo vivendo tempi difficili, testimoni dei tentativi di paesi che lottano per mantenere un equilibrio fra autonomia e realtà della globalizzazione in un mondo interconnesso.  Continuiamo a convivere con la guerra e l’intolleranza, le brutalità sono riportate sulla scena globale in modo più rapido e vivido di quanto sia mai avvenuto prima nella storia.  Questi due personaggi sono in lotta per dominare e controllare, cercando il potere e il mantenimento del privilegio a tutti i costi.  In definitiva, sono in guerra l’uno contro l’altro e con sé stessi.  La loro storia riflette ciascuna delle nostre battaglie per vivere in autentico equilibrio con il mondo e con le altre persone.  La loro storia è anche una metafora delle grandi lotte che esistono nell’umanità tra libero arbitrio e società e di ciò che accade quando una persona esercita la sua volontà di distruggere gli altri, in sostanza i semi di ogni guerra.

Quartett2 WestEdgeOpera

Ha avuto modo di vedere le produzioni precedenti?
Solo alcuni momenti della produzione alla Scala e del ROH Fulljames a Spoleto (Usa). Ho evitato volutamente di prendere in considerazione altri punti di vista sulla pièce per consentire alla mia immaginazione di vagare più liberamente.

Conosceva già quest’opera, il compositore?  Ha avuto modo di parlare con lui?
Sì, ho avuto l’opportunità di parlare con Luca. È stata una bellissima conversazione ed è stato un privilegio parlare con lui come autore/compositore di quest’opera. È stata anche un’occasione di chiarimento e ispirazione, vedere che le mie idee completano le sue intenzioni con l’opera e sentire i suoi pensieri sul finale, che sulla carta è presentato in modo un po’ enigmatico. Parte di ciò che mi ha attirato in quest’opera è che richiede un punto di vista registico che è un ‘sistema aperto’, nel senso che mi permette di creare le regole per il mondo del lavoro sul palco. Questa libertà di concepire quali sono le regole e come i cantanti agiranno all’interno di questa struttura è stato un piacere da esplorare in ogni fase dello sviluppo del progetto. Luca crede fermamente nel potere dell’arte di trasformare tutti noi, e lo credo anch’io. La sua scelta su come concludere questa pièce, e la selezione di questo materiale in primo luogo, è una scelta ispiratrice perché permette a tutti noi di entrare in un mondo post-moderno che in ultima analisi riflette l’esigenza continua degli esseri umani di uscire da cicli vecchi e terribili per costruire un nuovo ordine mondiale. 

Quartett5 WestEdgeOpera 

Cosa c’è di più puntuale e urgente di questa domanda?  Altre domande che l’opera pone includono: Come ci governiamo?  Come comandiamo?  Come possiamo vivere nel mondo partendo da uno stato d’amore anziché di paura?  Possiamo rompere i vecchi cicli e creare un nuovo modo di essere?  Se Dio è morto (per qualcuno è così), come possiamo trovare una bussola morale e perseguire un’azione giusta nel mondo? 
 
Il suo lavoro è coraggioso e audace, come quello di Müller prima di lui, e le domande poste continuano ad essere cruciali da porre l’un l’altro e a noi stessi.

Ci vuole parlare, in anteprima, di cosa vedremo nel ‘suo’ Quartett?
Sì, il progetto e la messa in scena di questa produzione riflettono la natura ibrida dell’opera.  La scenografia è in parte un manicomio, in parte una parete imbottita, in parte una sala da pranzo del 18° secolo, oltre che passerella che riporta i due personaggi in un loop perpetuo nella stessa ‘stanza’, perché non possono scappare alla loro ‘isola’ o ‘piatto di Petri’.  Inoltre, ci sono spogliatoi che sono più funzionali per i due attori per prepararsi e vestirsi per la battaglia/l’incontro successivo. Ci sono anche le docce, forse antiradiazioni o forse normali, che fanno per ripulirsi dopo incontri particolarmente difficili e disgustosi. Anche il costume design è ibrido, riprende degli elementi dall’iconografia dell’intimo feticista, dall’iconografia religiosa, dagli abiti del 18° secolo e dalla moda postmoderna per generare una varietà di look nel corso della performance che inizialmente definiscono i due attori come Merteuil e Valmont, ma che successivamente contribuiscono a celebrare il loro passaggio al gioco di ruolo e alle conseguenti lotte di potere per il dominio all’interno dei giochi che fanno.  Il design delle pareti è in parte letto e in parte struttura cadente ed è stato ispirato dal fatto che la Rivoluzione Francese ha causato la caduta delle vecchie strutture di governo e segna un punto di svolta nel governo moderno. Parla anche delle loro buffonerie, in un gioco perpetuo per evitare l’invecchiamento e la morte, che perpetuano ulteriormente un loop tipo La Nausea di Sartre, che inizialmente essi lottano per mantenere, ma di cui alla fine si liberano. Inoltre, nella produzione saranno incorporate proiezioni che verranno trasmesse sulla parete del loro ‘reparto/sala da pranzo’. Queste immagini saranno tutte foto che i cantanti scatteranno a sé stessi o l’un l’altro durante tutta la produzione. Questo perché il tema degli specchi e dell’auto-riflessione attraversa la pièce come una metafora chiave.  Volevo introdurre il fenomeno dei selfie e l’incontenibile dipendenza e fascinazione dei telefonini, oltre al post dei selfie sui social media, per riflettere ciò che sta accadendo anche in questo momento, con le persone che passano più tempo a curare e documentare sé stesse, probabilmente a discapito di interazioni umane reali.

Quartett6 WestEdgeOpera


M° Kennedy, lei ha diretto anche la prima americana di Quartett, avvenuta l’anno scorso al Festival Spoleto USA. Quindi conosce già molto bene la musica. Ce ne può parlare? Che impatto ha quest'opera sul pubblico?
La musica di Luca è straordinaria, di una incredibile eterogeneità e trasformazione, sempre al servizio del libretto. E’ completamente multidimensionale sia nel concetto che nel suono, creando un ambiente acustico che raggiunge sia il piano fisico che psicologico. La caratteristica di avere un’orchestra dal vivo e una registrata rinforza l’aspetto drammaturgico – è qualcosa di metaforico l’allineamento e bilanciamento che i musicisti dal vivo devono adottare nei confronti dei suoni pre-registrati. E così come i due protagonisti, ciascuno dei quali ha in sé un altro personaggio (per diventare un quartetto), anche l’orchestra ha il suo ‘altro’. Abbiamo ricevuto un’ottima risposta dal pubblico, non solo per l’intensa e coinvolgente qualità della musica, ma per l’audace impulso drammatico che rende quest’opera così accattivante.

Cosa ci può dire della sua esperienza con questa opera.
Per un direttore d’orchestra ci sono vari livelli di preparazione oltre alla normale prassi di concertazione di un’opera. Devi anche lavorare con un materiale pre-registrato e l’elettronica, e adattarti alle sfumature della parte registrata come se fosse un meta-strumento; è stato essenziale sentirmi come se ancora potessi plasmare l’esecuzione contribuendo all’aspetto drammatico. Quando dirigo quest’opera sento che sto vivendo sia la storia che il futuro della musica; ci sono trasformazioni nella musica, dal passato di Monteverdi al post-minimalismo, ma l’aspetto multidimensionale del linguaggio di Luca è visionario e chiaramente suggestivo su ciò che la musica potrebbe diventare.

Quartett1 WestEdgeOpera

Quella di Richmond è una nuova produzione, oltre alla regista sono cambiati anche gli interpreti. Ci parli di come, anche per un direttore, una nuova regia può modificare il suo lavoro direttoriale.
Questi personaggi hanno la possibilità di essere interpretati in diversi modi – sono una specie di archetipi che rappresentano tutti noi. E così come un regista può esercitare un’influenza sul canto e la sua trasmissione sul piano emozionale, così io lavoro sulla forma e l’intensità della comunicazione del testo e della musica. È un’opera veramente speciale nel darti questo tipo di possibilità e una gamma di emozioni così ampia da poter essere fatta comunque bene anche con interpretazioni molto diverse. 



Foto di Cory Weaver



Torna indietro