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Buon compleanno, Maestro Panni!

Buon compleanno, Maestro Panni!

Panni Compie studi di pianoforte, composizione e direzione d’orchestra nella sua città al Conservatorio di Santa Cecilia. Si perfeziona in seguito nella composizione all’Accademia di Santa Cecilia con Goffredo Petrassi e in direzione d’orchestra con Manuel Rosenthal al Conservatorio Nazionale Superiore di Parigi. Debutta come direttore nel 1969 alla Biennale di Venezia con un concerto dedicato a musiche di Petrassi. Da allora, Panni porta avanti le carriere parallele di compositore e di direttore d’orchestra.
Abbiamo chiesto al musicologo Sandro Cappelletto di inquadrare la figura di Marcello Panni nel mondo musicale italiano degli ultimi 50 anni.

Per Marcello

Spicca la peculiarità della traiettoria percorsa da Marcello Panni.  Giunto a varcare la soglia della quarta giovinezza, persiste in lui un tratto che lo distingue sin dagli esordi degli anni Sessanta. La levità ironica del disincanto - nel quale è riconoscibile un’attitudine che lo lega alla sua città, Roma - incontra il desiderio di osservare il divenire delle vicende dell’arte attraverso un caleidoscopio che ruota e scopre, nemico delle rigidezze scolastiche e consapevole della constatazione, definitiva, di Fedele D’Amico: «L’adesione a una sintassi compositiva non è sufficiente per identificare un autore».
Uomo che dubita e si interroga, Panni ha mantenuto due certezze: la necessità di unire tecnica, espressione e forma, appresa anche come paradigma etico dal suo maestro Goffredo Petrassi, con il quale ha intrattenuto una fertile relazione personale, e la maestria nel forgiare i più diversi materiali per creare non un linguaggio eclettico, ma una propria lingua: un’eredità stravinskijana.
Marcello Panni con Igor Stravinskij Venezia, 1957 - Sul ponte San Moisé davanti al Bauer riaccompagnando Igor Stravinskij in hotel dopo una colazione con Giorgio de Chirico, alla Taverna La Fenice (foto scattata da Arnaldo Panni)

Non riconducibile ad alcuna delle avanguardie che hanno attraversato il secolo, pur frequentandole tutte, da Bussotti a Boulez. Fra i primi, in Italia, a capire che le espressioni più significative della minimal music statunitense non sarebbero passate via in modo effimero, ma erano compiuta indicazione di meditazioni e orizzonti nuovi per la razionalità occidentale. Attento alle ricerche degli artisti visivi post-figurativi e frequentatore di ambienti letterari vastissimi (Luciano di Samostata, Dumas, Apollinaire, Savinio, Mishima, il libro dell’Apocalisse), Panni ha svolto e svolge la duplice attività di compositore e direttore. Dotato di un immediato ed esatto sguardo d’insieme sulle partiture, si è reso protagonista sia di prime esecuzioni che hanno segnato le vicende della musica del nostro tempo, sia di riscoperte di opere dimenticate del tempo barocco, in particolare Pergolesi. La direzione di titoli del repertorio operistico con compagnie vocali di primo livello aggiunge un’ulteriore specificità al suo modo di abitare la musica.
Marcello Panni con... Venezia, 1957 - Da sinistra: Rufina Ampenof, agente di Stravinskij, Marcello Panni, Vera Stravinskij, Giorgio de Chirico, Igor Stravinskij, Robert Craft, Isa de Chirico, Adriana Panni (foto scattata da Arnaldo Panni)


Tutt’altro che secondaria, inoltre, è stata e persiste l’attività di organizzatore: crea nel 1971 l’Ensemble Teatro-Musica, che rimane uno dei progetti più riusciti nella ricerca, difficile, di un dialogo tra musica e nuovi linguaggi teatrali.
Marcello Panni con Luciano Berio Roma, 1971 - Alle Prove di Passaggio di Berio al Teatro Olimpico con Elise Ross e Luciano Berio


Dirige, nel 1984, la prima esecuzione di Civil Wars di Philip Glass all’Opera di Roma per la regia di Robert Wilson: allora, una rivelazione, oggi un episodio che è diventato storia. E’ tra i fondatori dell’Associazione Musica d’oggi, partecipa sin dagli inizi al percorso di Nuova Consonanza, è stato ed è direttore artistico di teatri d’opera e associazioni concertistiche. Per l’insieme di questi motivi, è necessario che Panni raccolga i propri appunti e ricordi e li faccia diventare racconto, libro, assecondando la qualità della sua vena narrativa.
Marcello Panni con Carmelo Bene Milano, 1981 - Da sinistra: Augusto Loppi (oboe solista), Marcello Panni, Carmelo Bene, Angelo Persichilli (flauto solista) alle prove di Hyperion di Bruno Maderna per l'esecuzione con l'Orchestra e Coro della RAI di Milano (foto scattata da Madrena Bene)


I titoli di teatro musicale - The Banquet (Talking about love), Garibaldi en Sicile, Il giudizio di Paride, Hanjo (1992-1993), fino al recente L’Asino magico, «pantomima per attore/i, marionette, pupi o mimi, ombre, proiezioni e piccola orchestra» - raccontano storie diverse, per epoca, ambientazione, carattere dei protagonisti, spunto letterario (non raramente, il compositore è anche autore del libretto). Ma emergono delle costanti, caratterizzanti: la coerenza del rapporto tra gesto musicale e drammaturgia, l’attenzione ad una vocalità espressiva per ognuno dei personaggi, lontana dai compiaciuti barocchismi della modernità apparente; l’insofferenza verso gli intrecci che paralizzano o negano l’azione, la fiducia nella verità ed eloquenza del suono strumentale. Quando si scrivono opere, opere devono essere e l’insieme delle sue esperienze testimonia di una piena fiducia nel futuro del genere. Ma persiste un altro fil rouge, seguendo il quale possiamo giungere al cuore della sua poetica. Qualcosa, dei personaggi e della musica nella quale agiscono, smargina: la loro presenza, la voce, l’azione si svolgono naturalmente in scena eppure la scena non li esaurisce. Permane un elemento di indeterminatezza, di mistero; le storie si svolgono piuttosto che concludersi, schiudono possibilità, alternative, altri esiti. Per questo aspetto, tipico del Novecento, sono tutte specchio del loro autore: «Nel 1968 fu eseguito alle Settimane internazionali di Nuova Musica di Palermo Veni Creator, un mio pezzo (molto aleatorio sia come forma sia come scelta dell’organico) che utilizzava cascami e ritagli melodici per degli esercizi strumentali alternati a invocazioni (o interrogazioni?) su frammenti del noto inno liturgico latino, in una parafrasi protestante, Komm, Heiliger Geist. Da allora, fino alla versione definitiva eseguita nel 1980 al Mills College di Oakland dove insegnavo, questo titolo e questa idea m’hanno accompagnato in una ricerca d’equilibrio tra diversi fattori che mi interessavano, come alea e tonalità, virtuosismo e gioco, strumentismo e gestualità». Tale riflessione, apparsa nelle note del suo primo compact-disc monografico, non esprime soltanto consapevolezza di sé, segnala un modo di comporre – rimasto costante - curioso di variare il materiale di partenza, attraverso un gioco creativo che diventa ricerca, esperimento, nuovo approdo.

Anche nella sua produzione sacra - come la Missa brevis per coro di voci bianche, tenore, orchestra di fiati e percussioni, e  Apokalypsis, oratorio per 2 voci recitanti, corso misto, coro di bambini, orchestra di strumenti a fiato e percussioni – accanto al piacere del canto che dialoga con l’eterno e lo scruta, si staglia il bisogno, l’inquietudine di interrogarsi sull’altrove, rendendo sensibile la sua presenza, che tutti ci attraversa, attraverso le forme della musica.  
 

Sandro Cappelletto

Immagine: Marcello Panni al Teatro San Carlo (foto Romano)




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