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Buon compleanno, Grisey!

Buon compleanno, Grisey!

Come ha scritto Jérôme Baillet nel saggio introduttivo al catalogo Ricordi, “presentare l’arte di Gérard Grisey è come ripercorrere una trentina d’anni di incessanti riflessioni sul tema del tempo musicale, inteso come coniugazione di una molteplicità di tempi che circolano nell’afflato musicale: tempo immaginato dal compositore, tempo cronometrico di esecuzione, tempo soggettivo e psicologico nella percezione dell’ascoltatore… Per Grisey, il tempo è qualcosa che il musicista ha il dovere di plasmare e di organizzare sull’immagine di un demiurgo che, solo, sia in grado di offrire all’uomo della nostra epoca l’esperienza della pura sensazione del tempo che passa”. 

In occasione del 75° anniversario della nascita di Gérard Grisey, il prossimo 17 giugno, riproponiamo alcuni estratti di un ritratto sottoforma di intervista, apparso nel 1996 sul quotidiano L’Alsace, in concomitanza al Festival Musica di Strasburgo in cui si festeggiavano i 50 anni del compositore con un’importante retrospettiva. Lo stesso festival aveva ospitato l’anno precedente la prima assoluta di Vortex Temporum I e II, con l’Ensemble Recherche diretto da Pascal Rophé.

Les oiseaux et les baleines

Estratti dell’intervista di Olivier Brégeard
L’Alsace, 28 settembre 1996

[…]

Tre riferimenti. «Messiaen, che è stato il mio maestro: soprattutto per il colore, e per un’attitudine quasi etica nell’essere compositore. Stockhausen, per una sorta di drammaturgia della forma, e Ligeti, per la nozione di tempo dilatato, di tempo allungato».

Tre tempi sovrapposti

Il tempo relativo. «Da Bach a Schönberg, la musica si posiziona più o meno sempre all’interno della velocità della lingua parlata. Per spiegare il tempo relativo, solitamente uso un paragone tra le balene, gli uccelli e gli uomini. La balena sembra emettere dei suoni estremamente allungati, dilatati, per noi senza alcuna relazione con i suoni precedenti, mentre forse, per loro, sono semplici consonanti. Al contrario, quando ascolto un uccellino, il suo canto è così serrato, talmente acuto, che non riesco a percepirne tutte le articolazioni, sono obbligato a trasportarlo e ad allargarlo. Se gli uccelli ascoltassero gli uomini mentre parlano, dovrebbero avere la stessa impressione che noi abbiamo nel percepire le balene: non riuscirebbero ad afferrare che questo gigantesco suono allungato, apparentemente amorfo, fa parte di una struttura più ampia. Così ne L’Icône paradoxale ci sono tre tempi sovrapposti, lo stesso tipo di musica visto, se volete, attraverso i tempi delle balene, degli uccelli, e degli uomini. Esistono dei punti di convergenza tra questi tempi, dei buchi, dei momenti in cui si bascula da un tempo all’altro. Tutto questo genera una forma».

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Fuga dallo strutturalismo imperante

La musica spettrale. «Ne sono uno degli iniziatori, insieme a Hugues Dufourt, Tristan Murail, Michaël Levinas. […] Per quanto mi riguarda, personalmente ho proceduto più per accumulazione di interessi. La musica spettrale rende conto di un tempo dilatato, rende possibile la scrittura sottoforma di processo (la trasformazione progressiva da un tipo di suono ad un altro), ma il ritmo, la metrica, l’accelerazione costituiscono dei problemi irrisolti. Così ho provato progressivamente ad espandere la mia scrittura musicale a campi che mi erano estranei: in particolare alla velocità, e alla metrica nel mio ultimo lavoro Vortex Temporum».

Musica contemporanea e grande pubblico. «È del tutto normale che tutta la musica non sia compresa da tutti in qualunque momento, musiche differenti hanno funzioni differenti. Che il pubblico sia limitato, è normale, ma se il pubblico smette di esserci, esiste un problema. Noi viviamo un’epoca terribilmente inquinata da una sorta di rubinetto d’acqua tiepida di suoni. A parte il motore a scoppio, la peggior invenzione del XX secolo, c’è l’altoparlante, che è dappertutto. Come fare ancora musica quando tutto è rumore di fondo?»

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Photo: Gérard Grisey by Salvatore Sciarrino

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