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Requiem di Filidei: première alla Casa da Música

Requiem di Filidei: première alla Casa da Música

Il Requiem di Francesco Filidei, commissionato da Casa da Música, Ensemble intercontemporain e Les Métaboles, è pronto per la première. L'appuntamento è a Porto il 20 ottobre con il Remix Ensemble, che festeggia così 20 anni di grande musica, accompagnato per l’occasione dal Coro Casa da Música.

Requiem (2020)

per coro (16 voci) e 17 strumenti
Coro + fl, ob, cl b si b, fg, trb si b, trbn, cel, a, perc (=2 esec.), fsm / strings (1.1.1.1.1)
30 min.

Perché un Requiem. Note del compositore

Ed eccomi qui, finita la partitura, ancora a scrivere note di programma, con la vista peggiorata, la schiena dolorante ed i soliti frivoli interrogativi: Cosa farne della vita e del percepire il fuggire del tempo, cosa farne dei ricordi e del passato, cosa farne di tutte queste domande assillanti che possono solo risolversi in una continua ricerca a vuoto e soprattutto cosa diavolo scrivere per riempire mezza paginetta di programma di sala, su un Requiem, poi. Il rischio di facile retorica è dietro l’angolo e vorrei evitare di passare per l’ultimo uccellaccio del malaugurio che si avventa sull’ultima crisi disponibile.

Ad ogni modo, che significato abbia comporre un Requiem oggi ho rinunciato a cercare di capirlo, ma quale motivo mi abbia spinto a scriverne uno è un mistero che continuo ad indagare. Di certo fin dai primi lavori ho posto al centro delle mie riflessioni un’indagine sull’assurdità che ci accompagna: cresciamo pieni di promesse e belle speranze per poi svanire lasciando un quasi niente a pochi conoscenti, e l’assenza di un ufficio reclami sulle miserie dell’esistenza non giova a farsene una ragione.

Già immagino quello che potrebbe restare di me, qualche commento del genere di un ipotetico direttore artistico: “Ah sì, il Filidei... certo che me lo ricordo, sempre a tirare sul prezzo delle commissioni, con quelle note di programma patetiche spedite dopo l’ultima telefonata minatoria. Bah, armeggiava sempre con i richiami di uccello coi quali impestava le partiture, non c’è da stupirsi se poi BUM!, L’hanno scambiato per una folaga… è andata così, tanto ormai riciclava e basta, Requiescat in pacem etc. etc. amen”.

No, scherzo, non è finita, né per me né per questo testo scombinato, eccomi ancora qui, sempre tartassato da quel pensiero della fine che mi porto dall’inizio, al punto che il mio catalogo abbonda di Danze Macabre e Trionfi della Morte, di gesti finiti e di silenzi di morte, ed ho pure avuto la malaugurata idea di scrivere I funerali dell’anarchico Serantini, in modo che alle prove leggo sempre cose tipo: “Giovedì ore 15h00 Filidei: Funerali”. Insomma, sarebbe stato anche il momento di cambiare rotta e trovare la felicità dedicandosi alla composizione di Polche e Mazurche, o sbaglio? Come porre fine all’ossessione della fine? Facendogli una messa da morto? Forse no, ma intanto nel catalogo ci mancava un Requiem e per amore di completezza ce l’ho messo. A chi potrebbe sembrare anomalo che un non credente scriva un Requiem usando per giunta il solo testo canonico, rispondo che, se a tale esigenza non è estraneo il mio nascere come organista, è soprattutto nella volontà di evocare la malinconia che possono provocare le forme ormai appassite che si trova la radice di questa scelta. Se non credo in Dio, cerco di credere nella passione per la nostra storia e la nostra memoria e nella volontà di custodire le emozioni che si trascinano dietro. Per questo preferisco impiegare materiali pieni di vissuto, perché è più semplice riconoscervisi ed osservarne il percorso, per poterlo contraddire quando necessario al fine di ritrovarlo ancora più presente. Ad ogni modo partire da zero è una utopia, tanto vale assumere il dato di fatto e poi una volta lasciato crescere il pezzo al punto giusto Zack! Fargli fare una delle belle fini che Dio ha deciso di farci fare. Ho detto Dio? Mah, son condannato ad un cognome beffardo, con Dio sono obbligato a farci comunque i conti, speriamo bene. E rieccomi per l’ultima volta, ancora poche righe per assolvere all’ingrato compito di usare parole al posto di note... per inciso vorrei vedere cosa potrebbe combinare uno scrittore al quale si chiedesse di spiegare un suo romanzo a suoni... Zang Tumb Tumb!

Divago… meglio finirla, ma a proposito di scrittori, un ultimo pensiero, anche visto che la prima di questo lavoro sarà in Portogallo, vorrei dedicarlo ad Antonio Tabucchi: Requiem è il titolo di uno dei suoi libri più significativi, ambientato in una Lisbona sospesa nel tempo. L’ultima volta che parlai con Tabucchi fu un incontro allucinato simile a quelli descritti nel suo romanzo, era molto malinconico seduto al bar dell’Aeroporto di Pisa, e ci eravamo dati appuntamento a Parigi dove anche lui abitava. Non l’avrei più rivisto. Questo Requiem gli deve qualcosa, nonostante il latino, nonostante le rigide forme che forse lui non avrebbe approvato.

Francesco Filidei

Photo © Olivier Roller

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