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Dallapiccola, Luigi

(Pisino d’Istria 3 febbraio 1904 – Firenze 19 febbraio 1975)

Luigi Dallapiccola nacque il 3 febbraio 1904 a Pisino d’Istria, al tempo cittadina dell’Impero Austro-Ungarico, da genitori trentini. In questa terra, definita dal compositore stesso “punto di incrocio tra tre frontiere”, egli trascorse l’infanzia e l’adolescenza eccetto i mesi in cui la famiglia, a causa della Grande Guerra, fu sfollata in Stiria. Rientrato a Pisino alla fine della Guerra, Dallapiccola proseguì gli studi musicali prima a Trieste e poi al Conservatorio Cherubini di Firenze, dove conseguì il diploma in pianoforte nel 1924 e quello in composizione nel 1932. Negli anni di studio a Firenze approfondì la conoscenza di autori come Ravel, Debussy, Bartok, Stravinskij, Hindemith. L’esecuzione del Pierrot lunaire diretto da Schoenberg stesso a Palazzo Pitti nel 1924 lasciò una profonda impressione sul giovane musicista, che considerò il ‘Manuale di armonia’ del maestro viennese il testo di riferimento. Firenze divenne la sua città di elezione, dove risiedette per il resto della vita. Dallapiccola insegnò pianoforte complementare al Conservatorio per oltre trent’anni, ad eccezione di alcuni anni durante la Guerra quando gli venne assegnata la cattedra di composizione. Parallelamente svolse anche una intensa attività concertistica in duo con il violinista Sandro Materassi, in Italia e all’estero. 

A partire dagli anni Trenta le composizioni di Dallapiccola iniziarono a imporsi all’attenzione della critica. Partita per orchestra del 1933 è la prima composizione a segnalare al grande pubblico il nome dell’autore. Il lavoro, articolato in quattro movimenti, introduce nel finale la voce di un soprano che intona un testo proveniente da una raccolta medievale ‘Naenia Beatae Mariae Virginis’. 
Il linguaggio di Dallapiccola, tra i primi musicisti italiani a interessarsi al metodo di Schoenberg, imprime una svolta alla cultura musicale italiana. Il passaggio alla dodecafonia, come osservato da Roman Vlad, avvenne in maniera graduale e originale, tramite la trasformazione degli elementi cromatici del suo primo stile diatonico-modale in vere e proprie serie di dodici note. Passaggi cromatici sono presenti ad esempio nel Divertimento in quattro esercizi, per soprano e 5 strumenti (1935) dove, alla ricerca di un equilibrio formale, Dallapiccola utilizza forme preclassiche, mentre nel Coro degli zitti (per voci miste e grande orchestra, primo della terza serie dei Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane), artifici contrappuntistici bachiani si affiancano a serie dodecafoniche di carattere espressivo. 

Una prima vera indagine sulle potenzialità del nuovo linguaggio avvenne però nelle opere successive. Le Tre laudi (1937) per voce e 13 strumenti, presentano per la prima volta delle linee melodiche che utilizzano tutti i dodici suoni della scala cromatica. Materiale delle Tre laudi viene in seguito ripreso nell’atto unico Volo di notte (1940), tratto da ‘Vol de nuit’ di Saint-Exupéry, che segna l’esordio di Dallapiccola come autore teatrale. Dallapiccola dimostra di avere qui ben presenti le opere di Alban Berg, specie nell’uso di un declamato moderno e nella drammaturgia modellata sulle forme strumentali. I Canti di prigionia  (1938-1941), per voci e strumenti, rappresentano il lavoro più importante degli anni a ridosso della Guerra. Lo spunto del lavoro era stato il discorso in cui Mussolini, nel settembre 1938, annunciava  la campagna antisemita, che colpiva direttamente la moglie del compositore. Canti di prigionia si articola in tre parti, ma ha un carattere unitario, sia per l’uso esteso di un unica serie dodecafonica sia per il fil rouge che unisce i tre canti ossia l’utilizzo di frammenti del Dies irae.  
Tra i lavori composti durante la Seconda Guerra Mondiale ricordiamo il Piccolo concerto per Muriel Couvreux, per pianoforte e piccola orchestra (1941), e il balletto drammatico Marsia (1942-43), scritto in collaborazione con il coreografo Aurel M. Milloss. Articolato in tre parti, che si susseguono senza soluzione di continuità, Marsia alterna momenti lirici a momenti dal ritmo incalzante, mentre elementi diatonici si oppongono a elementi dodecafonici. Seguono le tre serie delle Liriche greche, composte tra il 1942 e il 1945, per voce e varie combinazioni strumentali, in cui accanto alla serialità affiorano reminiscenze tonali e una particolare attenzione alla pura cantabilità.

Nel dopoguerra la fama internazionale di Dallapiccola cominciò a diffondersi sia in Europa sia negli Stati Uniti, dove tenne corsi di perfezionamento a Tanglewood, frequentati tra gli altri da Luciano Berio, e a New York. Del 1950 sono l'opera in un atto Il prigioniero, tratto da ‘La torture par l'esperance’ di Villiers de l'Isle-Adam su libretto del compositore stesso, e la sacra rappresentazione Job, tratta dal Libro di Giacobbe. Con il passare degli anni lo stile dodecafonico di Dallapiccola diventa sempre più essenziale e caratterizzato da un profondo lirismo, che si ritrova nei numerosi lavori vocali, in particolare nei Canti di liberazione (1955) per coro e orchestra e nell’ultimo lavoro teatrale, Ulisse (1968). Commiato, per voce di soprano e complesso da camera, scritto nel 1972, fu l’ultima composizione di Dallapiccola, che scomparve a Firenze il 19 febbraio 1975.

photo: Fondo Dallapiccola, Gabinetto Vieusseux, Firenze